Io, i Ride e Kurt Cobain in un sogno shoegaze di fine estate

Foto di Federica Scandolo Fotografia di Federica Scandolo

L’estate non mette mai fine di colpo alle sue vibrazioni, le piace giocare un po’ con l’autunno prima di andarsene. Le foglie ingialliscono davanti al mio sguardo distaccato, ascolto il rumore lontano degli ultimi temporali, mentre i frutti maturi si spolpano cadendo sulla terra umida. Anche se la pioggia sembra aver sciacquato via il gusto frizzante dell’estate, siamo solo nell’intermezzo, nel limbo dove si assapora il melenso temperamento dell’animo amalgamato alla stagione che finisce.

“I’m unsettled by the weather, It’s getting stranger. Should it be this good right now? Are we in some kind of danger?”. Diari metereologici (Weather diaries) è l’album della reunion dei Ride nel 2017. La canzone omonima, con tutti i suoi 7 minuti, è qualcosa di ibrido, un intermezzo nel sound della band di Oxford, che si conclude con il frastuono di un nubifragio.

Mi sfiora una languida sensazione dai riflessi ambrati che sembra essere qualcosa di mio, da sempre, e mi chiude tra le mani un anello d’oro sbiadito. Rimasugli di malinconia infantile mi vengono a trovare, come se dovessi tornare a scuola un lunedì di settembre, o forse mi tormenta di più il fatto che a scuola non ci tornerò mai più? Tutto quello che provo ora sa di miele (Taste like honey) degli Swallow, che come band sono durati ahimé troppo poco. 

fotografia di Federica Scandolo

Mi stringo nelle coperte, chiedendomi se anche questa volta riuscirò a trasformare il freddo in caldo; ora che la pelle è ancora intiepidita dal sole e che il buio cala sempre più presto, non posso fare altro che chiudere gli occhi per osservare le macchie brillare nel buio delle palpebre e lasciare che la musica mi accompagni nell’incoscienza. Out of the blue and into the black”, canta Ruth Radelet nella cover Chromatics di Into the black scritta da Neil Young nel 1979. Un pezzo solenne, che sancisce un inequivocabile e malinconico bisogno di resistenza. Chissà se Kurt Cobain la stava ascoltando mentre sceglieva le parole giuste per la sua lettera di addio. Ora devo per forza ascoltare anche la versione originale, perché il Rock ’n’roll è la più calda delle estati e ho bisogno di sentire ancora quella chitarra bollente.

Mi devo calmare adesso, altrimenti così non riuscirò più a dormire. Sempre Into black ma questa volta è come lasciarsi scivolare piano dal divano a testa in giù, perché i Blouse mi fanno questo effetto; si tratta del loro primo singolo, uscito con la benedizione della fruttuosissima Captured Tracks nel 2011. Ormai la notte si è fatta avanti ed è piacevole riceverla senza rendersene conto. Rimango intrappolata in questa sensazione con Endless summer degli Still Corners, immaginando che un’altra estate non sia finita davvero.

This soft and light summer ends soon”