Che cos’è lo shoegaze? Pensavo di saperlo, ma negli ultimi anni la consuetudine è di allargare sempre di più le maglie fino a farlo diventare sinonimo di rock alternativo. Giusto? Sbagliato? Boh. Intanto premi play e ne riparliamo.
Wednesday, Bleeds
Non mi è chiaro quand’è che lo shoegaze è diventato come il grunge, ovvero un’etichetta-ombrello utilizzata per riassumere con pigrizia band diversissime fra loro, alcune delle quali non hanno nulla delle tipicità del genere. I Wednesday di Bleeds, per esempio, vengono accostati ancora allo shoegaze – il precedente Rat saw god era più coerente in tal senso – benché sembrino ormai un incrocio ben amalgamato di Dinosaur Jr., Pavement e Big Thief: c’è uno spessore indie rock fatto di riff che sanno come imporsi e una sensibilità melodico/armonica che segue con attenzione lo stile del nuovo country. Resta comunque un gran disco, pieno di immagini assurde, spietate e allucinate (la strofa iniziale «Picking the ticks off of you» dà subito la direzione), con in più il sottotesto della fine della relazione tra la cantante Karly Hartzman e il chitarrista MJ Lenderman.
NewDad, Altar
La band irlandese torna con un album che in qualche modo deve dimostrare che Madra, il primo disco, non era un caso. È un suono in cui dream pop e post punk si dividono gli spazi all’interno della scaletta di Altar, un lavoro ben incardinato in una sorta di nuova classicità, fatto di tormento ben cantabile e sonorità sognanti, ispide ma mai estreme.
Dusk Saffron, Sinking ship
C’è una frase di Dostoevskij che torna in mente: «Io sono solo e loro sono tutti». I tedeschi Dusk Saffron, nell’ep A little death, la traducono in musica raccontando il sentirsi alla deriva, con la consapevolezza di non avere alcuna possibilità di scampo. Il baratro esistenziale diventa un dream pop liquido e glaciale, con la malinconia alla Beach Fossils e il nichilismo dei primi Diiv che si muovono sottopelle. Canzoni come questa servono a ricordare che la solitudine è una trappola insidiosa, perché non siamo davvero soli: stiamo tutti affondando nello stesso mare. E una canzone diventa più di un appiglio: è un momento di speranza, persino nelle sue strofe più nere.
