Quando il mondo pazzo diventa il mondo esatto, salta tutto. E noi stiamo saltando tenendo il ritmo di Putin, Trump e Netanyahu. Diventa dunque difficile parlare di musica mentre il caos intorno tocca livelli sempre nuovi. Ma ci proviamo.
The First Eloi, In sepia
È interessante il fatto che i The First Eloi si presentino come una band multigenerazionale: i componenti fanno parte di tre segmenti diversi, ovvero X, Y e Z. Non mi è chiaro se questo dettaglio abbia realmente un peso creativo nella riuscita di In sepia. L’errore comune è di immaginare lo shoegaze come una musica immobile, scolpita da tre dischi – sai bene a quali mi riferisco – che non prevedono deroghe. Invece c’è un motivo se gli Slowdive parlano anche a chi oggi ha appena vent’anni e se i Julie piacciono pure a chi ha quarant’anni. Lo shoegaze è emotività e certe emozioni non hanno una sola età: le hanno tutte. Il gruppo tedesco con questo nuovo singolo riassume con una certa efficacia la delicatezza di un dream pop ovattato che poi va a infrangersi su un ritornello costruito attraverso chitarre spesse e malinconia lieve. In sepia è esattamente come suggerisce il titolo, una canzone dalle sfumature seppia, come se la malinconia avesse finalmente trovato un colore che le somiglia.
The Haunted Youth, Emo song
Il belga Haunted Youth con Emo song si lascia andare a oltre sei minuti di arpeggi minimali, riverberi generosi, crescendo extralarge e confessioni che suonano come un sussurro da un altro tempo, quello in cui ci sentivamo ancora parte di qualcosa. «I guess I’m just older now, I guess I got tired somehow». Molto bello. Il pezzo farà parte dell’album in uscita nel 2026, Boys cry too (titolo rischiosissimo).
Tvfuzz, Smile
Il progetto Tvfuzz è tornato quest’anno con le migliori intenzioni: dopo il singolone Generic coffee, che fa parte della nostra playlist Spotify Shoegaze 2025, ecco un altro gran bel pezzo, a cui non manca nulla. Chitarre fantasmatiche che scivolano nel reverse reverb, una robusta dose di indie rock anni Novanta e un arrangiamento che si muove tra un’evanescenza raffinata e un’improvvisa, ruvida solidità armonica. «Smile è nato dalla mia ricerca personale tra vecchi processori multi-effetto degli anni Ottanta, usati poi nei Novanta. Non amo troppo svelare questi dettagli, perché per me i suoni sono come i colori per un pittore: fanno parte di una ricetta intima, mia. Ma è anche da lì che nasce l’identità del brano», dice Andrea Crispy Smiths, voce e chitarra della band. E forse deve essere proprio così: un suono che non si spiega, ma si riconosce.
Yumeia & Tre Flip, Inverno
L’estate per me è la kriptonite: il sole si schianta sulla mia schiena e la pelle si ribella a modo suo, ovvero irritandosi nei modi preferiti dall’intera categoria dei dermatologi. Non so in che termini vivano l’estate Yumeia e Tre Flip, ma il loro nuovo singolo Inverno significa per me casa. E dunque: chitarre gelide e trasparenti, riverberi densi come neve fresca, melodie dream pop di vetro soffiato e una nostalgia che arriva senza bussare. Il brano si conclude con queste parole: «L’inverno finirà». Ma non sono così sicuro di volerlo davvero.
