Senti come suona #1. Margherita Mercatali (Mondaze). Il fuzz prima di tutto

La chitarra di Margherita Marcatali sembra agire in orizzontale, tagliando in due il suono mastodontico e granitico dei Mondaze. Uno squarcio netto che permette di vedere – anzi, di ascoltare – il cuore vivo di canzoni in cui forza bruta e fragilità trovano un equilibrio impossibile, dunque necessario. Senti come suona è una nuova rubrica a cadenza irregolare a cura del tuo amichevole Shoegaze Blog di quartiere, un approfondimento sulle sonorità di alcune tra le più interessanti band italiane. Si parte dunque come meglio non si può, tra Ramones, Mustang Modern Player, Billy Corgan, fuzz ignoranti e, ovviamente, voci che non si sentono.

Qual è stata la tua prima chitarra, Margherita?

«Una Peavey Raptor, di quelle vendute col kit, ampli eccetera, rigorosamente rossa».

Il rosso è un colore must per chiunque inizi a suonare.

(ride) «Esatto. Mi era stata regalata dai miei dopo mesi a implorarli di prendermi una chitarra. È, credo, lo strumento peggiore che sia mai esistito, molto grezzo, ignorante, in stile Strato, con humbucker e single coil».

Che musica facevi?

«Un po’ di tutto, purché robe facili, quindi punk. Ramones, essenzialmente. Anche perché non prendevo lezioni, ho iniziato da zero».

Sei autodidatta?

«Purtroppo sì, mi avrebbe aiutato sapere qualcosa in più, ma va beh».

Quello che fai è assolutamente efficace, d’altronde Cobain diceva che ciò che serve è saper fare la giusta pennata. Venendo ai giorni nostri, perché adesso hai una Mustang?

«Sono una mega fan Fender e questo modello è bellissimo. Poi è uno strumento piccolino. Le Jazzmaster mi piacciono un sacco, ma sono ingombranti per me, non mi trovo a mio agio. In studio le uso, ma se devo suonare dal vivo meglio la Mustang. Questa peraltro l’ho presa in modo un po’ casuale».

Cioè?

«È un modello particolare, con i pickup P90. L’ho acquistata online a un prezzo stracciato, una chitarra made in China ma ottima. Non l’avevo mai provata: appena l’ho avuta tra le mani è scattata la magia».

I P90 sono piuttosto aggressivi. Usi di più il pickup al ponte o al manico?

«Di solito al ponte, che ha un bel suono pieno, gonfio, qualcosa che non è facile da ottenere di solito. Per i puliti passo al manico, anche se in studio opto per una Jazzmaster, che mi garantisce un risultato più cristallino. Dal vivo invece la faccenda come ti dicevo cambia: la Mustang ha una sonorità più slabbrata, ma con il fuzz è imbattibile».

Qual è il brano dei Mondaze in cui tu senti che c’è il tuo suono?

«Direi Words undone, è il mio punto di riferimento anche perché è nato tutto lì. Ho potuto sperimentare con la Mustang, ho suonato la parte lead e quella pulita iniziale. E ho usato il mio primo fuzz, il Big Muff».

Quali sono i tuoi pedali irrinunciabili?

«Il Big Muff, per l’appunto. All’inizio avevo il Pi, poi sono passata alla versione Ram’s Head: ha un suono più ignorante».

L’ignoranza mi sembra un aspetto importante nel tuo approccio alla musica.

«Ho poche vie di mezzo. O tutto pulitissimo o tutto ignorantissimo».

Altri pedali?

«L’Hall Of Fame e il Flashback di TC Electronic. Il primo è un riverbero con molte opzioni, inclusa la possibilità di creare preset personalizzati, il che è molto interessante. E poi ha un riverbero modulate stupendo. Il secondo invece è un delay, ha lo stesso approccio dell’Hall Of Fame, dunque con una decina di preset e tre modificabili».

Come metti i tuoi effetti in sequenza?

«Direi un ordine classico: overdrive-fuzz-chorus-riverbero-delay. E il tutto passa dall’Octa Switch. Ho fatto un po’ prove cambiando la sequenza, ma alla fine per non avere troppa confusione questa configurazione è quella che funziona meglio per me».

Chitarre come quelle di Corgan non ne ho più sentite

Qual è la tua figura di riferimento, come chitarrista?

«Non posso dire di avere dei riferimenti, però se devo dire un nome è quello di Billy Corgan: di chitarre così non ne ho più sentite».

Un suo brano che ti piace particolarmente?

«Forse Hummer. Il periodo compreso tra Gish e Siamese dream è l’apice di un certo tipo di suono».

Dato che questo mese sarete a Torino (Magazzino sul Po, 9 maggio 2025), Corneliano D’Alba (Cinema Vekkio, 10 maggio, Cuneo) e Milano (Arci Bellezza, 31 maggio), qual è l’episodio più singolare che ti è capitato in tour?

«Una sera, al termine di uno dei primi live dopo l’uscita del disco nuovo, andiamo al banchetto e si avvicina un tipo. Parliamo un po’, ci fa i complimenti per il live e fin lì tutto bene. Poi spara un “però la voce non si sentiva”. Allora proviamo a spiegargli: guarda, è un mix di questioni tecniche, il genere, i volumi molto alti, il fatto che la voce comunque canta in una tonalità bassa… insomma, non è proprio facile. A metà ci interrompe secco e sgancia un “Eh, ma io ho pagato 12 euro per questo concerto, quindi se permetti ti dico quello che penso”. E niente, a volte va così. Ognuno ha i suoi punti di vista».