Lunedì shoegaze. Se la domanda fosse diversa

Edless

A che cosa stai pensando, Manfredi? Facebook continua a porre la solita domanda e io continuo a non sapere che tipo di risposta dare (chi è in grado di rispondere davvero, in fondo). Se la domanda fosse diversa, per esempio che cosa sto ascoltando, la faccenda sarebbe decisamente più semplice. Oggi, per esempio, ascolto i Plush Crush ed Edless. Premi play.

Plush Crush, Slow soul

Gli statunitensi Plush Crush mi rimandano indietro di quasi vent’anni, quando i Deerhunter – e il progetto gemello Atlas Sound – riempivano di riverbero e magia l’indie rock degli anni Zero e io ero alla ricerca di un futuro che fosse autentico, rigoroso, romantico. Slow soul è una riedizione di quel suono al tempo stesso delicato e ispido – quasi urticante. È uno di quei pezzi che in cuffia hanno la capacità di trasformare l’intorno, fino a far dissolvere la città in una dimensione onirica dalle geometrie sfumate e dalle traiettorie infinite.

Edless, First try

Lo sappiamo bene: le canzoni ormai seguono il ritmo ossessivo imposto dallo scrolling di TikTok. Pronti via stop: in centoventi secondi è già finito tutto. Ecco, First try con i suoi cinque minuti abbondanti è un singolo anomalo: in un periodo di brani sempre più brevi che quasi sembrano chiederti scusa se ti stanno facendo perdere del tempo, gli Edless la prendono larga per arrivare dritti al punto. Il nuovo pezzo del gruppo milanese fa pensare a una sorta di raffinato ed efficace mix tra una cantabilità dream pop obliqua alla maniera dei Mew – che peccato che abbiano annunciato lo scioglimento – e una suonabilità piena e valvolare. Bravi.