Lunedì shoegaze. Il buon frastuono

Meatware

Nuovo anno, vecchie abitudini. Riprende la classica rubrica di Shoegaze Blog, sia pure in formato ridotto, con due progetti italiani che sin dal primo ascolto sono riusciti a catturare la nostra attenzione. E, molto probabilmente, anche la tua.

Meatware, Promo material

Esatto, Promo material è il titolo del disco d’esordio dei milanesi Meatware: efficace nella sua rotondità didascalica. Tutt’altro che didascalica, invece, è la musica, che pattina su un frastuono pop e che può contare su diverse opzioni sul tavolo, da certe chitarre shoegaze che sembrano infrangersi e ricomporsi (Even) al post punk disperato ed elegantissimo di declinazione Interpol (Speed 12), passando per le sfumature jazzate ma sempre sognanti, riverberate, familiari di A dinner with Meatware. La band sembra voler mostrare ogni propria crepa interiore – e attenzione che non sono poi tanto diverse dalle nostre.

Jack Adamant, Over signs

Jack Adamant è un italiano che vive a Stoccolma e fa canzoni capaci di riassumere in tre minuti il meglio dell’indie rock degli ultimi trent’anni. Over signs è il brano che dà il titolo all’ep ed è un manifesto del talento di questo artista amante delle chitarre ruvide e squillanti dei Dinosaur Jr. Con versi come «Feeling like someone is holding a shovel to my chest», Adamant cattura l’angoscia e il peso di un’esistenza che certe volte – o troppo spesso – sembra troppo stretta. E dato che quella sensazione non ha soluzioni facili o vie di fuga semplici, meglio lasciare che sia la musica a fare il suo: un gran baccano che non ci fa sentire soli.