Lunedì shoegaze. Un pogo morbido, felice, contagioso

Sadplanet

La prossima settimana sarò a Palermo perché verrà intitolata una strada a mio nonno Mariano, detto Mario (oggi si usa così). Sarà la bretella che collega viale Regione Siciliana con via Santa Maria di Gesù. Per quanto possa sembrare surreale scrivere via Lamartina su Google Maps (e lo è), chi ha conosciuto mio nonno non potrà stupirsi davvero di questo riconoscimento bellissimo e, francamente, emozionante. Ecco, quando passerò in auto da lì ascolterò queste canzoni e penserò a lui.

Draag, Actually, the quiet is nice

La melodia di Your light, che sale morbida e scende obliqua, marca stretto le armonie vocali dei My Bloody Valentine. Ma c’è una freschezza complessiva che pone i californiani Draag a un livello diverso da moltissime band di rigida osservanza shoegaze. Actually, the quiet is nice è un disco che dosa le distorsioni in una maniera interessante: sia che aggiunga sia che sottragga, la produzione resta sempre definita, orecchiabile e senza sbavature. Se dovessi racchiudere il lavoro in due tracce, segnalerei la felice frenesia di The day has come, che accelera e ci trascina in un pogo morbido, felice, contagioso, e il post punk violento e a tinte horror di Recharge, con quella virgola melodica che fa la differenza.

Honeyboi, Still

Non c’è nulla di banale in questo lavoro di Honeyboi: è una canzone che si potrebbe definire slowcore a gravità zero, in cui i vuoti hanno lo stesso peso specifico dei suoni che danzano intorno. Tipo dei Belong che rifanno la musica dei Ruby Haunt, questo artista italiano più che ragazzo miele è ragazzo emo. Una registrazione molto a bassa fedeltà ma dannatamente efficace, fino all’esplosione rumorista del finale.

Babyteeth, Drain me

Il titolo inevitabilmente richiama il Drain you dei Nirvana e d’altronde i canadesi Babyteeth possono dire la loro in questa stagione zoomergaze che ha ormai sdoganato in un colpo solo sia il grunge che lo shoegaze. L’alternanza tra strofa compassata e ben cadenzata e ritornello incisivo viene eseguita bene e la voce sottile, melodica e malinconica (ma non tormentata) gioca lo stesso campionato di Wisp. Nota di merito: in un’epoca di loudness war in cui le masterizzazioni spingono al massimo i suoni (spesso oltre ogni ragionevolezza), i Babyteeth hanno optato per una soluzione meno esagerata e kaboom.

Sadplanet, Four days

La canzone della settimana arriva dal Regno Unito. Four days è praticamente il riassunto in poco più di cinque minuti di trent’anni del miglior shoegaze. C’è un suono dream pop che si increspa e si ritrae, facendo esattamente quello che le canzoni migliori sanno fare: indicarti la direzione, accompagnarti a ogni passo, respirare le tue emozioni. «I’m as sick of oceans as anybody else». E così sia.