Lunedì dream pop. Canzoni invernali ad aprile

A Day In Venice

A Milano spesso accade che aprile sia una sorta di giugno anticipato, perché il caldo forte, quello che circumnaviga i trenta gradi (a volte meno, a volte più), inizia a farsi sentire senza preavviso, dunque ci si trova nella più classica delle situazioni di stallo: come minchia mi vesto? Sabato sono uscito come se fosse ancora primavera – giubotto jeans, camicia, maglietta, pantaloni, sneakers – e invece attorno a me ho visto gente più furba con t-shirt tono su tono con la prima abbronzatura dell’anno e pantaloni corti con le cosce sagomate da una striscia menefreghista di sudore essiccato. Meno male che almeno in musica la faccenda è più semplice: datemi canzoni invernali anche ad aprile e non ci saranno problemi.

A Day In Venice, Secret lights

C’è un overdrive leggero e indie rock che guarda un po’ ai Broken Social Scene e c’è un’apertura armonica che richiama un’idea aperta e slegata dall’ortodossia del post rock, in un modo che piacerebbe probabilmente a David Lynch. Nonostante le chitarre forse avrebbero meritato una produzione extralarge – qualche sovraincisione in più, un uso maggiormente generoso di riverbero e magari di delay – Secret lights risulta essere un pezzo dotato di un magnetismo tenebroso e seduttivo, anche grazie alla vocalità noir di Froop. A Day In Venice (ovvero il triestino Andrej Kralj) ha fatto centro. Il pezzo è già su Bandcamp e uscirà nelle piattaforme il 24 aprile.

The Mad Mile, Tantamount

Il progetto The Mad Mile viene presentato come il tentativo di creare una colonna sonora al declino industriale del nord dell’Inghilterra e al senso di claustrofobia di vivere in un posto dove la gente ha perso ogni speranza. Diciamo che è un ritratto a tinte scurissime che si adatta perfettamente anche all’Italia e a qualsiasi paese in cui la modernità è sinonimo di instabilità. Effettivamente Tantamount, brano incluso nell’ep Skyliner, è selva oscura al 100%, un interessante incrocio di post rock segaligno, retrogusto shoegaze e post punk inquieto. Una musica di desolazione ed esistenzialismo urbano, a cui aggrapparsi nei giorni in cui nulla sembra andare per il verso giusto.

Wine Pride, 12:01 A.M.

Dal North Carolina, il quartetto Wine Pride definisce il proprio repertorio come musica ansiosa imbastita da sognatori e va detto che da un punto di vista prettamente sonoro c’è un che di fiabesco, con una costruzione armonica e melodica che richiama l’apparente leggerezza dei Beach Fossils. Con 12:01 A.M. la band descrive una sensazione che è comune a chiunque guardi dritto negli occhi i propri tormenti più intimi: «We’re wasted, falling far behind. We will run away out where the stars reside», si sente a un certo punto e probabilmente ogni singola parola di questa strofa è un graffio all’anima, una ferita invisibile a chiunque di cui solo tu ne conosci la causa, la portata, le conseguenze. E allora scapperemo lì dove risiedono le stelle.

I’m The Villain, Dream in shades of blue

Torniamo a parlare di I’m The Villain, progetto di delizioso, nostalgico e umbratile synth pop/dream pop da Salerno, in pratica una musica nata nel cuore ristretto di una cameretta, dove stanno i segreti più intimi e le malinconie più concrete. Dream in the shades of blue è una ballata da cinema statunitense anni Ottanta, quelle pellicole in cui il futuro era più un’opportunità che una minaccia e anche la tristezza aveva un piccolo scintillio di meraviglia. I’m The Villain mette insieme M83, Cocteau Twins e tutta quella musica che sa essere al nostro fianco quando ne abbiamo davvero bisogno.