Le migliori canzoni shoegaze e dream pop del 2025

Leaving Venice

Dopo i 20 migliori album shoegaze, torna con un nuovo aggiornamento la playlist Spotify Shoegaze 2025 (disponibile anche su Apple Music e Tidal – quest’ultima verrà aggiornata al più presto), con le migliori canzoni shoegaze e dream pop dell’anno. Come sempre, non è una classifica.

Tra le novità, Cigarettes For Breakfast, Leaving Venice (copertina), Pretty Average, Mrt, Eli’s Ladder, Supervulkan, Dillon Jo, Rainbow Beltz, Hayds, Strawberry Lust & Honeyboi, Ricochet Star, Rainsong, Merli Armisa, Keeley, Mikhail Daken. Salva, premi play, condividi. E dicci soprattutto quali canzoni mancano all’appello.

  1. Cigarettes For Breakfast, Swallowed alive. Notti troppo lunghe; un addio al ralenti; Grouper.
  2. Leaving Venice, Zebra. Piacenza come Portland; persone che si allontanano; musica da ascoltare a occhi chiusi.
  3. Pretty Average, Everybody’s watching. Due accordi bastano e avanzano; fischi nelle orecchie; un baccano meraviglioso.
  4. Glazyhaze, Nirvana. Disco dell’anno per Shoegaze Blog; cavi colorati di chitarra sparsi in saletta; Sul palco di ShoeGaza vol. 2.
  5. Satantango, Strada provinciale 6. Sul palco di ShoeGaza vol. 2; la provincia italiana vissuta al ralenti; l’inverno che sfinisce.
  6. Six Impossible Things, Eight and a half. Sul palco di ShoeGaza vol. 2; ritrovarsi in un posto oscuro; Squier VI = gran stile.
  7. Stella Diana, Morning walk. Sul palco di ShoeGaza vol. 2; c’è una crepa in ogni cosa ed è così che entra la luce; un pezzo di storia dell’italogaze.
  8. Nothing, Cannibal world. Il nemico del mio nemico è mio amico; batteria in stile Wonder 2 dei MBV; valvole degli amplificatori sature.
  9. Wully, High on a whim. Musica pop ascoltata in un’auto dai vetri appannati; tastiere come foschia all’orizzonte; Chicago in autunno me l’immagino allineata a questa canzone.
  10. Mrt, Bokeh. Riverberi densi come aria ferma; una linea melodica che scava sotto mille suoni distorti; il mondo fuori che smette di chiedere attenzione.
  11. Sister Ray Davies, Big ships. Ampie aperture armoniche; una versione più gentile dei Radio Dept., il mare d’inverno è più bello che d’estate.
  12. Jay Som, D.H. Tra le migliori in assoluto; canzoni così riempiono l’aria intorno; e ci fanno stare bene.
  13. Drop Nineteens, Fools. Maestri shoegaze e dove trovarli; ritmo marziale; suono definitivo.
  14. Eli’s Ladder, Thunder disc. Pixel, sudore e megadistorsioni; batterie electro anni Novanta; nostalgia post-internet.
  15. Total Wife, Peaches. Kevin Shields e Bilinda Butcher sono lì dietro; utilizzo percussivo della leva del vibrato; canzoni tra sonno e lucidità.
  16. Supervulkan, Paradísarheimt. Tappi per le orecchie; se alzi troppo viene giù il tetto; pogare malinconicamente.
  17. Hiccup Heart, Raspberry smile. Canticchiare sotto il cielo di Oslo; quei suoni che sono solo nostri; correre a piedi nudi sul prato.
  18. Softcult, Pill to swallow. Chitarre offset la nostra bandiera; probabilmente le più brave a creare melodie pop in questo momento; e chissà come sarà l’album.
  19. Nossiennes, Solar transit. Post punk virato gaze; una voce che sembra scivolare via dalle curve del mix; gli strumenti sembrano fusi gli uni con gli altri.
  20. Dylan James, Stylite. My Vitriol; ore in cameretta a suonare canzoni; la musica ti salva la vita.
  21. Dillon Jo, Shiver. Chi ha detto che la gioventù non ama le chitarre?; pedaliere ben studiate; e si canta pure tanto.
  22. Cloakroom, Story of the egg. Batteria motorik perché è l’unica cosa che vogliamo; chitarre che sembrano pattinare; le distorsioni sono sempre la risposta giusta.
  23. Pine Barons, Frantic Francis. Radiohead in versione dream pop; ritmi post punk; un basso elastico che piacerebbe ai Tame Impala di Currents.
  24. Shinyhunt, Daughter. Essere una figlia e immaginarsi madre; l’amore innanzitutto; tra shoegaze e indie pop.
  25. Greet Death, Die in love. Perché ci sentiamo tutti così strani; chitarre come si deve; i top di gamma del nuovo shoegaze.
  26. Wavepool, Tiny cowboy. La vita è dura quindi siate gentili; nostalgia da tardo pomeriggio; la giusta connessione emotiva.
  27. Dottie, Pure. Shoegaze alla moviola; bassa fedeltà e alta emozionalità; tuffarsi dentro un suono cupo ma splendente.
  28. Just Mustard, Endless deathless. Distorsioni che derapano su contesti post punk; ronzio di pedalini pronti a fare baldoria; caos ballabile.
  29. Living Hour, Best I did it. Big Thief + Wednesday; indie rock ruvido e carezzevole insieme; ritornello clamoroso.
  30. Rainbow Beltz, Lights, lights. Ritornello che ti entra in testa mentre fai finta di niente; le chitarre potenti; le melodie pulite sotto.
  31. They Are Gutting A Body Of Water, Sour diesel. Chitarre incendiarie e afflato grunge; riff tipo tergicristallo; vietato ascoltare a basso volume.
  32. No Joy, Bugland. Dream pop + metal + electro; spigoli da travolgere anziché curve da accarezzare; a bug’s life.
  33. KennyHoopla, Ashes to ashes//. Zoomergaze; quelle melodie che diventano tue in un secondo; chitarre sparate al massimo.
  34. Winter, Just like a flower. Il mondo come un poema temporaneamente vero; indie rock dritto come un’autostrada americana; l’amore dura davvero per sempre?
  35. Emilya Ndme, Glass skin. Rispondere a tono al mito dell’eterna giovinezza; le Hole di Celebrity skin; chitarre che trascinano l’arrangiamento.
  36. Mumrunner, Violet. American Football; uniamoci alla lotta contro il quattro quarti; rimpianti e sentimenti irrisolti.
  37. Memory Motel, Get it together. Le melodie fanno drifting tra Diiv e Slowdive; estetica sonora shoegaze e impatto post punk; cassettine mezze usurate che rappresentano tutto per te.
  38. Amulets feat. Midwife, Lifelike. Un vortice che ti trascina giù; voci lontane come un ricordo in dissolvenza; crescendo.
  39. Maquillage, Moon. Il suono di un sogno in slow motion; dream pop e synth pop; però sulla luna ci siamo stati davvero.
  40. Always Other, Tangerine. Una band descritta come “shoegaze for crowd-killing and crying”; indie pop come si deve; melodia super emozionale.
  41. Lazy Legs, Witness. Slowcore; distorsioni talmente dense da essere imperforabili; canticchiare sottovoce.
  42. Honey I’m Home, Wishful thinking. Ripartire dopo che la tua sala prove è andata a fuoco; shoegaze e ottimismo non è un ossimoro; melodie malinconiche ma anche piene di speranza.
  43. Glixen, Shut me down. Questa band picchia di brutto; batteria in formato kaboom; assordante pure se selezioni l’opzione “muto”.
  44. Hayds, Centipedes. Tutto volutamente fuori asse; tutto funziona come deve; shoegaze e autotune.
  45. Strawberry Lust & Honeyboi, Silk. Mix inclinato; suono enorme; Cina & Italia.
  46. Nuclear Daisies, Infinite joy. La depressione è una forza oscura; ma la musica è al tuo fianco; un rave per shoegazer.
  47. Sunsick Daisy, Hideaway. Un suono classico e dunque perfetto; un romanticismo nascosto nella nostra piccola quotidianità; ritrovarsi nel pop fatto bene.
  48. Tummyache, Happy birthday. PJ Harvey; per il pogo da questa parte; ritornello che manda il palco sottosopra.
  49. Swayglow, Jasmine. Atmosfera oscura; downtempo; psichedelia carica di groove.
  50. Postcards, Colorblind. Vivere e suonare dream pop in Libano; trasformare il rock in un suono trascendentale; Jazzmaster.
  51. Oslo Tapes, Analemma. Lasciarsi trasportare verso un altrove lontano quanto la coda di un riverbero; krautgaze; musica misteriosa.
  52. Ain’t, Pirouette. Loro dicono “tra nostalgia e ingenuità”; noi diciamo idee chiare e melodie azzeccate; abbiamo anche detto che amiamo gli anni Novanta?
  53. Feeble Little Horse, This is real. Quella distorsione ❤️; togliere la rabbia dal petto; finale ultrapop.
  54. Bnny, Love trap. Rock alternativo; risvegliarsi dopo una notte particolare; quando leggi i messaggi vecchi e non impari niente.
  55. Ricochet Star, Every moon. Chitarre liquide; voci morbide non troppo in primo piano; riverberi lunghi e trasparenti.
  56. Trillion, Death arrows. Tre chitarre + batteria + basso + tastiera + voci; suono a sette dimensioni; shoegaze al 100%.
  57. The Stargazer Lilies, Love radio show. Puro feticismo gaze in copertina; musica sgargiante, laterale e sfalsata; tensione a tratti giocosa e a tratti allucinata.
  58. The Lovelines, Slow high. Carillon dream pop che suona in penombra; fratello e sorella; minimalismo.
  59. Vera SlöRêverie. Vocali accentate e dove trovarle; Verdena + Nothing; il vibrato è il nostro termometro emozionale.
  60. Bleary Eyed, Heaven year. Giro di chitarra azzeccatissimo; non sottovalutate la tastiera; shoegaze grunge come dio comanda.
  61. Fir Cone Children, Your voice. Post punk/gaze ad alta velocità; la gioia di essere vivi; musica per bambini che elaborano strategie sofisticate per non fare i compiti.
  62. Il Ragazzo Del Novantanove, DSM. La verità in una chat notturna; cantautorato post rock; anche i silenzi parlano.
  63. Rainsong, Seven stars. Un dream pop ballabile; musica senza attriti, eco ovunque.
  64. Sea Lemon, Stay. Resta ancora un po’ con me; dream pop con quel grammo di leggerezza; basta un solo ascolto.
  65. Merli Armisa, Tutti i gioielli. Alex G; una bizzarra declinazione di cantautorato shoegaze; tutto al proprio posto.
  66. Subsonic Eye, Why am I here. Una dedica all’introspezione; jangle pop; e se ti metti a saltare è tutto ok.
  67. Momma, I want you (fever). Lasciala e mettiti con me; siamo al centro dei discorsi di tutti; se le relazioni fossero un brano indie rock.
  68. Whitelands, Heat of the summer. L’estate non è esattamente la mia stagione preferita; ma i Whitelands la rendono gradevole; dream pop vecchia scuola.
  69. Yndling, As fast as I can. Quello che si definisce super singolo; pop sognante per gente raffinata; quel synth è una chicca.
  70. Bed, Throat. Bowery Electric; bel modernariato indie pop; bedroom music nel vero senso del termine.
  71. Maria Somerville, Projections. Passo lento; le proiezioni di te nella mia testa; suoni onirici alle porte della veglia.
  72. Red Tuesdays, Na na na na. Un titolo che sembra un brano di Vasco Rossi; noise pop alla maniera dei Magnetic Fields; la canticchierai anche tu.
  73. Heavy Wild, Wasteland. Bassa fedeltà per alta intensità; un party selvaggio e divertente per esorcizzare l’età adulta; chissà com’è suonata dal vivo.
  74. Como Como, L’amour toujours. I Modjo in versione dream pop; una perfetta orecchiabilità; non vergognamoci di ballare insieme.
  75. Bridge Dog, Standard issue. Qualcosa dei Lush e degli Alvvays; indie pop in stile anni Duemila; il loro standard è molto alto.
  76. Scoreboard, Ropey rampage. Il dream pop che aspettavi; suoni in crescendo; struggimento.
  77. Swervedriver, Pack yr vision. Sgambetti ritmici; non deludono mai; gli altri prendano appunti.
  78. Mogwai, Fanzine made of flash. Ancora anni Novanta; il singolone che non manca mai; non vedo l’ora di ascoltarlo dal vivo.
  79. Tvfuzz, Generic coffee. Trova un’accoppiata migliore di quella composta da Jaguar + vibrato; shoegaze come dio comanda; il fuzz il nostro credo.
  80. Keeley, Who wants to see the world. Linee vocali chiarissime; chitarre che scintillano; classicismo che non invecchia.
  81. Mikahil Daken, Marionettes. Una batteria che pesa; una voce che resta sospesa, tutto sembra sul punto di cedere.
  82. Terraplana, Charlie. La furia e la quiete; voci a pelo d’acqua; shoegaze d’impatto.
  83. Concourse, Sins. Tecnicamente 2024 ma era il 28 dicembre quindi per noi è ok nella playlist; quella nota di basso nel ritornello è deliziosa; gaze croccante.
  84. 9million, When the kissing had to stop. Certi amori non finiscono; punk per gente romantica; chitarre gaze che aumentano di spessore.
  85. SOM, The light. Fracasso + delicatezza; lead iconico; classico istantaneo.
  86. Venturing, Play my guitar. Odio stare da sola; penso che te ne andrai; ti insegnerò a suonare la chitarra.
  87. Cosmetic, Rosa & antrace. Chitarroni e chitarrine; cantautorato shoegaze; il basso detta legge.
  88. Edless, First try. Cinque minuti di grande dream pop; gli algoritmi lo odieranno; ma noi lo ameremo ancora di più.
  89. The Midnight Greetings, Fishnet. Shoegaze a bassissima fedeltà; ma ad altissima emotività; pieni e vuoti si alternano.
  90. Meatware, Even. Epicità & malinconia; gli Interpol apprezzerebbero; riverberoni come piace a noi.
  91. Mariin K, Free Alice. Il testo inizia con “fuck”; quando vedo il tuo volto so che ne vale la pena; melodie morbide.
  92. Marina Yozora, Daffodils. Biografia cosmopolita; ritmi elettronici dal tocco artigianale; chiudi gli occhi e segui il flusso.
  93. Chiaroscuro, Piombo. La nuova ondata italogaze; Space Echo e distorsioni; la grammatica sonora della gen z.
  94. Snuggle, Sun tan. MBV ma senza quel casino di chitarre; qualcosina degli Smashing Pumpkins; come stare sdraiati al sole con le palpebre socchiuse.
  95. She’s Green, Graze. Lo start è dalle parti del dream pop dei primi Slowdive; poi cambia radicalmente; effetto sorpresa.
  96. Fawn, Paper thin. Mormorii sepolti dal fuzz; armonicamente formidabile; passaparola su Reddit.
  97. Snowcuffs, Uptown. Spirito indie rock; Converse e delay; finale potentissimo.
  98. Rocket Rules, The weight. Una ninna nanna in overdrive; dream pop ortodosso; il risveglio può attendere.
  99. Erin Street, Our bodies need to be fought out. Beach House con meno elemento onirico; prime ore del mattino; quanti pensieri ancora.
  100. Darko’s Aufhebung, Euler fucked my life. Un cortocircuito tra Radio Dept. e Julie; giovani che fanno un meraviglioso casino; avessi ancora vent’anni.
  101. Silk, Faze. Una soglia sonora a metà tra veglia e sonno; voci due piani sotto il mix; chitarre come dio comanda.
  102. Pia Fraus, Across the street. Le stagioni cambiano ma i Pia Fraus restano; un pezzo teso ed elettrico; riff di chitarra affilati.
  103. Niights, Statelines. Nostalgia e modernità nello stesso pezzo; arrangiamento dinamico; la definizione esatta di noise pop.
  104. The Foxgloves, Her silent ways. Folk sotto forma di dream pop; come un pomeriggio piovoso di novembre; o una notte piena di rimpianti.
  105. Badvril, Away. Gli anni Novanta non passano mai di moda; melodia nostalgica; suono poderoso.
  106. Graveyard Club, Ur baby. Un singolo perfetto per le serate belle dell’indie pop degli anni Zero; nichilismo orecchiabile; solitudini in mezzo alla folla.