Torna la playlist Shoegaze 2025 (anche per Apple Music e Tidal) con le migliori canzoni shoegaze dell’anno. La consueta premessa: non è una classifica. Tra le novità, Jay Som (copertina), Drop Nineteens, Total Wife, Hiccup Heart, Pine Barons, Softcult, Slicr, Just Mustard, Living Hour, They Are Gutting A Body Of Water, No Joy, Oslo Tapes, Trillion, Evntyd, Stargazer Lilies, Superluminal Objects, Fawn. Lo so, ci sarebbe ancora da discutere sulla piattaforma (Ek, comunque, non è più il ceo di Spotify), ma di questo riparleremo più avanti. Intanto buon ascolto, che è la cosa più importante.
- Jay Som, D.H. Tra le migliori in assoluto; canzoni così riempiono l’aria intorno; e ci fanno stare bene.
- Drop Nineteens, Fools. Maestri shoegaze e dove trovarli; ritmo marziale; suono definitivo.
- Total Wife, Peaches. Kevin Shields e Bilinda Butcher sono lì dietro; utilizzo percussivo della leva del vibrato; canzoni tra sonno e lucidità.
- Hiccup Heart, Raspberry smile. Canticchiare sotto il cielo di Oslo; quei suoni che sono solo nostri; correre a piedi nudi sul prato.
- Softcult, Pill to swallow. Chitarre offset la nostra bandiera; probabilmente le più brave a creare melodie pop in questo momento; e chissà come sarà l’album.
- Pine Barons, Frantic Francis. Radiohead in versione dream pop; ritmi post punk; un basso elastico che piacerebbe ai Tame Impala di Currents.
- Slicr, Radio Valley. Broken Social Scene made in Bulgaria; festa indie rock in cui tutto è bellissimo; suonare in sala prove alle 2 di notte.
- Shinyhunt, Daughter. Essere una figlia e immaginarsi madre; l’amore innanzitutto; tra shoegaze e indie pop.
- Greet Death, Die in love. Perché ci sentiamo tutti così strani; chitarre come si deve; i top di gamma del nuovo shoegaze.
- Wavepool, Tiny cowboy. La vita è dura quindi siate gentili; nostalgia da tardo pomeriggio; la giusta connessione emotiva.
- Glazyhaze, Nirvana. Non sbagliano un singolo che sia uno; titolo ammiccante; dream pop di alta qualità.
- Dottie, Pure. Shoegaze alla moviola; bassa fedeltà e alta emozionalità; tuffarsi dentro un suono cupo ma splendente.
- Charming, Waste collector. Ancora bassa fedeltà e grandi emozioni; come una radiolina che suona indie rock direttamente dagli anni belli della tua giovinezza; vocalità semplice ed efficace.
- Just Mustard, Endless deathless. Distorsioni che derapano su ritmi post punk; ronzio di pedalini pronti a fare baldoria; caos ballabile.
- Living Hour, Best I did it. Big Thief + Wednesday; indie rock ruvido e carezzevole insieme; ritornello clamoroso.
- They Are Gutting A Body Of Water, Sour diesel. Chitarre incendiarie e afflato grunge; riff tipo tergicristallo; vietato ascoltare a basso volume.
- No Joy, Bugland. Dream pop + metal + electro; spigoli da travolgere anziché curve da accarezzare; a bug’s life.
- KennyHoopla, Ashes to ashes//. Zoomergaze; quelle melodie che diventano tue in un secondo; chitarre sparate al massimo.
- Six Impossible Things, Eight and a half. Dream pop astratto e siderale; inquietudini che non puoi ignorare; notte insonne.
- Winter, Just like a flower. Il mondo come un poema temporaneamente vero; indie rock dritto come un’autostrada americana; l’amore dura davvero per sempre?
- Amulets feat. Midwife, Lifelike. Un vortice che ti trascina giù; voci lontane come un ricordo in dissolvenza; crescendo.
- Maquillage, Moon. Il suono di un sogno in slow motion; dream pop e synth pop; però sulla luna ci siamo stati davvero.
- Always Other, Tangerine. Una band descritta come “shoegaze for crowd-killing and crying”; indie pop come si deve; melodia super emozionale.
- Alien Boy, Bleeding in yr pocket. Un brano che è praticamente un inno; chitarre ottime e abbondanti; quando ci sono troppe cose da dire a qualcuno.
- Thistle, It’s nice to see you, stranger. Drop Nineteens; le amicizie passano; suona quella chitarra e non pensare a nient’altro.
- Lazy Legs, Witness. Slowcore; distorsioni talmente dense da essere imperforabili; canticchiare sottovoce.
- Honey I’m Home, Wishful thinking. Ripartire dopo che la tua sala prove è andata a fuoco; shoegaze e ottimismo non è un ossimoro; melodie malinconiche ma anche piene di speranza.
- Glare, Kiss the sun. Un sussurro che scivola nel caos; heavy shoegaze; l’ultimo saluto è un dolore inderogabile.
- Glixen, Shut me down. Questa band picchia di brutto; batteria in formato kaboom; assordante pure se selezioni l’opzione “muto”.
- Nuclear Daisies, Infinite joy. La depressione è una forza oscura; ma la musica è al tuo fianco; un rave per shoegazer.
- Sunsick Daisy, Hideaway. Un suono classico e dunque perfetto; un romanticismo nascosto nella nostra piccola quotidianità; ritrovarsi nel pop fatto bene.
- Tummyache, Happy birthday. PJ Harvey; per il pogo da questa parte; ritornello che manda il palco sottosopra.
- Swayglow, Jasmine. Atmosfera oscura; downtempo; psichedelia carica di groove.
- Postcards, Colorblind. Vivere e suonare dream pop in Libano; trasformare il rock in un suono trascendentale; Jazzmaster.
- Oslo Tapes, Analemma. Lasciarsi trasportare verso un altrove lontano quanto la coda di un riverbero; krautgaze; musica misteriosa.
- Ain’t, Pirouette. Loro dicono “tra nostalgia e ingenuità”; noi diciamo idee chiare e melodie azzeccate; abbiamo anche detto che amiamo gli anni Novanta?
- Feeble Little Horse, This is real. Quella distorsione ❤️; togliere la rabbia dal petto; finale ultrapop.
- Bnny, Love trap. Rock alternativo; risvegliarsi dopo una notte particolare; quando leggi i messaggi vecchi e non impari niente.
- Trillion, Death arrows. Tre chitarre + batteria + basso + tastiera + voci; suono a sette dimensioni; shoegaze al 100%.
- Evntyd, Não. Arpeggio ok; poi la tensione sale; e l’emotività esplode.
- The Stargazer Lilies, Love radio show. Puro feticismo gaze in copertina; musica sgargiante, laterale e sfalsata; tensione a tratti giocosa e a tratti allucinata.
- The Lovelines, Slow high. Carillon dream pop che suona in penombra; fratello e sorella; minimalismo.
- Vera Slö, Rêverie. Vocali accentate e dove trovarle; Verdena + Nothing; il vibrato è il nostro termometro emozionale.
- Bleary Eyed, Heaven year. Giro di chitarra azzeccatissimo; non sottovalutate la tastiera; shoegaze grunge come dio comanda.
- Fir Cone Children, Your voice. Post punk/gaze ad alta velocità; la gioia di essere vivi; musica per bambini che elaborano strategie sofisticate per non fare i compiti.
- Il Ragazzo Del Novantanove, DSM. La verità in una chat notturna; cantautorato post rock; anche i silenzi parlano.
- Sea Lemon, Stay. Resta ancora un po’ con me; dream pop con quel grammo di leggerezza; basta un solo ascolto.
- Subsonic Eye, Why am I here. Una dedica all’introspezione; jangle pop; e se ti metti a saltare è tutto ok.
- Momma, I want you (fever). Lasciala e mettiti con me; siamo al centro dei discorsi di tutti; se le relazioni fossero un brano indie rock.
- Whitelands, Heat of the summer. L’estate non è esattamente la mia stagione preferita; ma i Whitelands la rendono gradevole; dream pop vecchia scuola.
- Yndling, As fast as I can. Quello che si definisce super singolo; pop sognante per gente raffinata; quel synth è una chicca.
- Bed, Throat. Bowery Electric; bel modernariato indie pop; bedroom music nel vero senso del termine.
- Maria Somerville, Projections. Passo lento; le proiezioni di te nella mia testa; suoni onirici alle porte della veglia.
- Red Tuesdays, Na na na na. Un titolo che sembra un brano di Vasco Rossi; noise pop alla maniera dei Magnetic Fields; la canticchierai anche tu.
- Heavy Wild, Wasteland. Bassa fedeltà per alta intensità; un party selvaggio e divertente per esorcizzare l’età adulta; chissà com’è suonata dal vivo.
- Como Como, L’amour toujours. I Modjo in versione dream pop; una perfetta orecchiabilità; non vergognamoci di ballare insieme.
- Bridge Dog, Standard issue. Qualcosa dei Lush e degli Alvvays; indie pop in stile anni Duemila; il loro standard è molto alto.
- Scoreboard, Ropey rampage. Il dream pop che aspettavi; suoni in crescendo; struggimento.
- Swervedriver, Pack yr vision. Sgambetti ritmici; non deludono mai; gli altri prendano appunti.
- Cigarettes For Breakfast, Glue. Stop & go; un sussurro rumoroso; se alzi troppo salta il tetto di casa tua.
- Mogwai, Fanzine made of flash. Ancora anni Novanta; il singolone che non manca mai; non vedo l’ora di ascoltarlo dal vivo.
- Tvfuzz, Generic coffee. Trova un’accoppiata migliore di quella composta da Jaguar + vibrato; shoegaze come dio comanda; il fuzz il nostro credo.
- Terraplana, Charlie. La furia e la quiete; voci a pelo d’acqua; shoegaze d’impatto.
- Concourse, Sins. Tecnicamente 2024 ma era il 28 dicembre quindi per noi è ok nella playlist; quella nota di basso nel ritornello è deliziosa; gaze croccante.
- 9million, When the kissing had to stop. Certi amori non finiscono; punk per gente romantica; chitarre gaze che aumentano di spessore.
- SOM, The light. Fracasso + delicatezza; lead iconico; classico istantaneo.
- Venturing, Play my guitar. Odio stare da sola; penso che te ne andrai; ti insegnerò a suonare la chitarra.
- Cosmetic, Rosa & antrace. Chitarroni e chitarrine; cantautorato shoegaze; il basso detta legge.
- La Lune, Quiet considerations. Ultra chitarroni; Smashing Pumpkins; se non alzi il volume godi solo a metà.
- Count The Clock, Leannie, Here comes the end. Melodia folk su base dream pop; un arrangiamento familiare; viva l’autunno abbasso la primavera.
- Edless, First try. Cinque minuti di grande dream pop; gli algoritmi lo odieranno; ma noi lo ameremo ancora di più.
- The Midnight Greetings, Fishnet. Shoegaze a bassissima fedeltà; ma ad altissima emotività; pieni e vuoti si alternano.
- Meatware, Even. Epicità & malinconia; gli Interpol apprezzerebbero; riverberoni come piace a noi.
- Mariin K, Free Alice. Il testo inizia con “fuck”; quando vedo il tuo volto so che ne vale la pena; melodie morbide.
- Marina Yozora, Daffodils. Biografia cosmopolita; ritmi elettronici dal tocco artigianale; chiudi gli occhi e segui il flusso.
- Chiaroscuro, Piombo. La nuova ondata italogaze; Space Echo e distorsioni; la grammatica sonora della gen z.
- Superluminal Objects, My brain thinks your brain is ok. Atmosfera ovattata e oscura; momenti di luce nel mezzo; post punk e dream pop.
- She’s Green, Graze. Lo start è dalle parti del dream pop dei primi Slowdive; poi cambia radicalmente; effetto sorpresa.
- Fawn, Paper thin. Mormorii sepolti dal fuzz; armonicamente formidabile; passaparola su Reddit.
- Snowcuffs, Uptown. Spirito indie rock; Converse e delay; finale potentissimo.
- Rocket Rules, The weight. Una ninna nanna in overdrive; dream pop ortodosso; il risveglio può attendere.
- Erin Street, Our bodies need to be fought out. Beach House con meno elemento onirico; prime ore del mattino; quanti pensieri ancora.
- Biatlón, Evergreen. Sarah Records; C86; gli ingredienti giusti per un brano delizioso.
- Darko’s Aufhebung, Euler fucked my life. Un cortocircuito tra Radio Dept. e Julie; giovani che fanno un meraviglioso casino; avessi ancora vent’anni.
- Silk, Faze. Una soglia sonora a metà tra veglia e sonno; voci due piani sotto il mix; chitarre come dio comanda.
- Pia Fraus, Across the street. Le stagioni cambiano ma i Pia Fraus restano; un pezzo teso ed elettrico; riff di chitarra affilati.
- Niights, Statelines. Nostalgia e modernità nello stesso pezzo; arrangiamento dinamico; la definizione esatta di noise pop.
- The Foxgloves, Her silent ways. Folk sotto forma di dream pop; come un pomeriggio piovoso di novembre; o una notte piena di rimpianti.
- Badvril, Away. Gli anni Novanta non passano mai di moda; melodia nostalgica; suono poderoso.
- Graveyard Club, Ur baby. Un singolo perfetto per le serate belle dell’indie pop degli anni Zero; nichilismo orecchiabile; solitudini in mezzo alla folla.
