Segnali di ripresa dal mondo reale: i tre giorni della nuova edizione di In a State of Flux sono andati molto bene, nonostante le difficoltà e le restrizioni – necessarie ma dolorose – per garantire la sicurezza dei presenti. Un bel resoconto lo trovi su Shoegazin’ Your Waves (con tanto di foto spettacolari di Oriana Spadaro), da leggere per capire un po’ che cosa vuol dire non arrendersi nemmeno di fronte a una pandemia. Resta addosso un senso di precarietà con il quale bisognerà fare i conti probabilmente ancora a lungo. E allora, ancora una volta, stringiamo i denti, alziamo il volume e attendiamo la fine della notte.
Jaguwar, Valley. Il primo singolo tratto dal disco Gold, in uscita nella primavera 2021, è una bellissima sorpresa: new wave supersonica a velocità 4X, con la chitarra che fa uno zig zag psichedelico tra le martellate di basso e chitarra. In più ci sono strofe e ritornelli da cantare come si faceva una volta: a volume alto e senza timori. La band tedesca innesca il turbo e incendia l’aria con una delle canzoni più belle del 2020, ma questo suono spettacolare ha bisogno di un sostegno: i Jaguwar hanno lanciato una raccolta fondi – fino al primo novembre – per la registrazione del disco, chi volesse supportarli può cliccare qui.
Dottie, Collection. Chi segue Shoegaze Blog sa bene che la statunitense Dottie, qui, è una regina. Collection non fa altro che confermare quello che già sapevamo: cioè che lei è la più brava in quello che fa, qualunque cosa sia. Perché è difficile trovare una dimensione concreta e definita alla musica di questa artista: l’unica somma algebrica che si avvicina di più al risultato è post punk + dream pop + drone + Jefre Cantu-Ledesma + uragani tascabili. Solo che Dottie non fa matematica: fa magia.
Sahara, Pure glass. Nella bio mettono subito di aver suonato con Lust for Youth, DIIV, Beach Fossils, Weyes Blood, The Chameleons, Night Beats e Drab Majesty. Praticamente non ci sarebbe bisogno di aggiungere altro: i canadesi Sahara trovano il loro personale incantesimo tra arpeggi delicati, ritmi austeri, voci a pelo d’acqua.
Tapeworms, Funtastic. Disco di debutto per questa formazione francese che nasce shoegaze e arriva a scomporre il proprio suono in qualcosa di più sfumato e variopinto: il comunicato stampa tira in ballo pure il j-pop, noi ci limitiamo a una psichedelia morbida anni Sessanta dirottata ai giorni nostri. E di tanto in tanto tirano fuori pure cazzimma e distorsioni.
Blossom Planete, Daily job. Gioiellino di pop casalingo made in Italy, nonché inno – forse involontario, ma sicuramente sentito – dei cuori spezzati di chi passa lunghe notti insonni a raccogliere cocci d’amore infranto e lacrime lasciate andare troppo presto.