Domani, venerdì 24 maggio, al Circolo Ohibò di Milano si terrà la quarta edizione di In a State of Flux, festival shoegaze ideato e organizzato da Davide De Polo e dal collettivo Mutiny con il supporto di Shoegazin’ Your Waves, Kool Things e ovviamente Shoegaze Blog. Quattro le band in scaletta: The Backlash, Plateaux, Red Mishima e gli headliner Rev Rev Rev. L’approfondimento è d’obbligo proprio con questi ultimi, che non solo sono reduci dalla partecipazione al SXSW a Austin, ma hanno anche pubblicato di recente Clutching the blade, primo singolo da Kykeon, il nuovo album in uscita nei prossimi mesi per la prestigiosa etichetta londinese Fuzz Club (spoiler: un disco brutale e bellissimo). Se ne parla con Sebastian Lugli, chitarrista del gruppo.
Facciamo parte di una scena, ci diamo tutti una mano, siamo costantemente in contatto
Eravate all’edizione bolognese del Flux dello scorso gennaio. Che ricordi hai di quella serata?
“Tutto bellissimo e anche difficile da spiegare a parole. È una sensazione che abbiamo avuto non soltanto noi musicisti, ma anche chi era venuto a vedere il festival. Basta leggere quello che hanno scritto Ricky Cavrioli nel suo live report su Indie For Bunnies e Gilda Romeo nel suo articolo per Indie Roccia. Si era tutti amici, tutti fratelli. Una situazione speciale”.
Il sottinteso è che non sempre trovate una situazione del genere quando partecipate a un festival?
“Un’atmosfera di quel tipo è rara. Sarà magari anche il fatto che il Flux è una rassegna organizzata dalle stesse band. Noi Rev Rev Rev, come sai, facciamo parte di una scena musicale in cui ci si dà sempre una mano, siamo tutti costantemente in contatto. Questo è ciò che dà un valore speciale all’evento”.

Venerdì sarete alla quarta edizione del festival. Peraltro si tratterà del vostro primo live a Milano. È un po’ strano, no?
“Effettivamente è strano anche per noi. Abbiamo iniziato come band nel 2011 e non ci siamo mai esibiti a Milano. È una bella domanda, vorrei avere una risposta da darti, ma non ce l’ho”.
L’Italia è matrigna con i Rev Rev Rev?
“Matrigna no, diciamo che l’Italia non è un paese orientato a questo genere, ma non dico niente di nuovo. In generale nel nostro paese tutta la musica ha poco spazio: quello che c’è è occupato dall’indie cantato in italiano. Al di là di tutto non saprei dire se suoniamo più o meno delle altre band dello stesso genere in Italia, penso che sia una situazione comune a molti”.
C’è qualcosa che non torna nel vostro caso. Bandcamp vi ha definito come uno dei migliori gruppi shoegaze internazionali. In Italia la notizia non sembra aver avuto la risonanza che meritava.
“In un certo senso tutta questa situazione – a prescindere dall’episodio che citi – è stata la nostra fortuna, anche se si tratta di una fortuna controversa. Diciamo che non avere tante possibilità in Italia ci ha dato lo stimolo per andare a cercarci il nostro spazio altrove: suoniamo molto all’estero non per esterofilia, ma perché abbiamo una nicchia di pubblico che ci apprezza. Paradossalmente, se avessimo avuto una situazione simile a quella di band che conosco personalmente, ovvero tante possibilità di suonare nei dintorni della nostra città, magari non ci saremmo sbattuti così tanto per trovare delle date in altre nazioni”.

Qualcosa comunque sta cambiando, considerando che avete avuto un finanziamento da Italia Music Export (ufficio Siae che si occupa di supportare la musica italiana nel mondo) per andare al SXSW, negli Stati Uniti.
“Sì, ci hanno dato un supporto economico. Eravamo stati già scelti dal SXSW, ma se non fosse stato per il supporto economico di Italia Music Export avremmo avuto problemi ad andare fin lì, perché le spese sono molto alte”.
Com’era l’atmosfera tra i vari gruppi che hanno partecipato alla spedizione americana?
“Italia Music Export ha organizzato due party con le band italiane: uno si è tenuto all’ultimo piano di un hotel di Austin, l’altro su una barca, lungo il fiume Colorado. Entrambi gli eventi sono stati davvero carini, belle situazioni in cui abbiamo potuto scambiare quattro chiacchiere con gli altri musicisti”.
Chi erano i più casinisti?
“Mah, forse proprio noi (ride)“.
E sul palco?
“Sempre noi, mi sa (ride)“.
Npr ha segnalato un concerto dei Rev Rev Rev come uno dei momenti memorabili di questa edizione del SXSW. Mica male.
“Siamo stati contentissimi, non ce lo aspettavamo. Questo dj di Npr era tra il pubblico ad ascoltarci ed è rimasto colpito da noi al punto da inserirci nel suo riassunto del meglio della rassegna. Una gran figata”.
C’era una ragazza che si è messa a pisciare dentro un bidone della spazzatura. E non è stata neanche precisa con la mira
Ci sono stati dei momenti in stile Ai confini della realtà?
“A quali confini della realtà fai riferimento (ride)?”.
Beh, quelli più divertenti.
“Dopo aver suonato allo showcase ufficiale ci siamo recati nel backstage, che in realtà era una sorta di corridoio dove avevamo appoggiato la nostra roba. Lì c’era una tizia senza pass che era entrata chissà come e si era messa all’interno di un bidone della spazzatura per pisciare. Era probabilmente sbronza o fatta e ha pensato bene di tentare questa impresa, solo che non è stata precisissima con la mira e qualche membro di un’altra band si è ritrovato con lo zaino non proprio immacolato”.
Tornerete in America?
“È una cosa che ci piacerebbe fare, però il problema sono i visti lavorativi, che costano parecchio: per far quadrare i conti forse non basta nemmeno un tour di un mese. Fino a qualche anno fa in tanti facevano i furbi e magari chiudevano un occhio: da un po’ di tempo a questa parte i controlli sono diventati più serrati”.

Parliamo del disco nuovo, Kykeon, da cui è tratto il singolo Clutching the blade. Quando uscirà?
“La data ancora non possiamo dirla. Ma comunque sarà a settembre”.
Il titolo rimanda al Ciceone, una bevanda usata per rituali nell’antica Grecia.
“Il Ciceone veniva assunto durante la celebrazione dei misteri eleusini, che erano delle feste quasi misteriche. Non si sa se quella bevanda avesse davvero degli effetti psichedelici o se invece si trattasse di autosuggestione, è un aspetto che a noi interessa poco. Il nostro obiettivo era creare un parallelismo tra questi rituali un po’ occulti – che rappresentavano il mistero relativo alla caduta agli inferi e alla ricerca della luce nel buio – e il tipo di immaginario che stavamo creando con i nuovi brani”.
E che disco sarà Kykeon?
“Un disco scuro. Rispetto ai precedenti è meno dreamy, lo definirei quasi meccanico, perché ho cercato molto la reiterazione nei suoni, in un certo senso volevo rappresentare un’ossessione”.
Brian Eno diceva che la ripetizione in musica non esiste, perché sei tu che cambi continuamente
Che cosa ti intriga del concetto di ossessione sonora?
“Brian Eno diceva che la ripetizione in musica non esiste, perché sei tu che cambi continuamente e di conseguenza il rapporto tra te e il suono si modifica attimo dopo attimo. Sembra una supercazzola, ma è qualcosa alla quale credo davvero. La ripetizione secondo me è qualcosa di potentissimo. Cercare l’ossessione nella musica ti espande la mente e ti porta a un livello più profondo di connessione con ciò che ti circonda”.
Momento nerd: che pedali hai usato per il suono di chitarra di Clutching the blade?
“Cinque pedali: il Fuzzola, il wha, il riverbero, il Red Menace (fuzz) e il Paura e delirio, che mi permette di modulare il feedback e anche di ottenere un blend di suono pulito e fuzzoso in parziale controfase, che dà un effetto molto My Bloody Valentine“.
Suonerete brani nuovi al Flux milanese?
“Sì, ne faremo tre”.
Ma alla fine di un vostro concerto come stanno le tue orecchie?
“Le mie orecchie stanno benissimo, magari fischiano un po’, ma sono contente così”.
Mai usato tappi?
“Mai, è un tabù: i tappi non fanno per me, tolgono gran parte del divertimento”.