Lo shoegaze è il punk degli introversi

test testo alternativo Tutto parte da qui

La prima volta che ho sentito parlare dei My Bloody Valentine e dello shoegaze ero un giovanissimo fan del rock alternativo. Anzi, più che fan direi proprio un tifoso, da curva nord del Grunge Stadium di Seattle: maglietta nera di due taglie più larga del consentito e urla grasse da imitare finché i polmoni reggono e il cuore non si spacca in due.

Il tentativo shoegaze di Billy Corgan

La mia adolescenza è qui dentro

Pare che anni fa Billy Corgan avesse chiamato Alan Moulder perché voleva ricreare il suono bruciato e sovrumano di Loveless per il secondo disco degli Smashing Pumpkins, il mitologico Siamese dream. Più o meno in quel periodo entrai in collisione con il mondo della musica alternativa e questo in un certo senso cambiò la mia vita. Mi sentivo un ragazzo pronto a qualsiasi cosa nel nome del rock’n’roll. Tutto perfetto, quindi. Se non fosse che non avevo idea di chi fossero questi My Bloody Valentine di cui si era invaghito Corgan. Il termine shoegaze, poi, nemmeno sapevo che cosa volesse dire: è una parola che non dà appigli né suggerimenti a chi non ne conosce la storia segreta. Così quando ho ascoltato per la prima volta Only Shallow mi sono ritrovato spettinato e sconvolto da un suono assordante e senza gravità: WoOoooOOWWWOoooOWWWOoooWWW.

Lo shoegaze dei My Bloody Valentine

Una musica assurda, inusuale, storta. Così diversa dagli standard alternativi dell’epoca, così sfuggente al concetto di rabbia contundente che mi era stato insegnato dai dischi della mia adolescenza. Kevin Shields in qualche modo era riuscito a trovare un’altra strada per esprimere un disagio sottile sì, ma trasversale. La musica dei My Bloody Valentine era (anzi, è) rigorosa, netta e violenta in un modo molto simile a un certo tipo di rock. Solo che nello shoegaze il messaggio non è il testo e nemmeno il contesto. Tanto è esplicito ed estroverso fino all’estremo il rock più tradizionale, tanto gioca di sottintesi e malinconie lo shoegaze. Le distorsioni e i riverberi sono corazze e scudi perfetti per chi tiene lo sguardo basso e il cuore altissimo. Non è sbagliato dunque pensare allo shoegaze come a una nuova incarnazione del punk. Un punk per introversi. Fieri e timidi allo stesso tempo.

Lo shoegaze di oggi

Negli ultimi anni shoegaze, dream pop e storie collaterali hanno vissuto una stagione di rinascita e di nuova consapevolezza. Dietro a band di primo piano come Whirr, Ringo Deathstarr, DIIVNothing c’è stato un movimento davvero sotterraneo e realmente globale che ha rinnovato l’estetica shoegaze, rispettandone i canoni di base ma riadattandone lo spirito ai tempi che corrono e alle ansie che nascondiamo.

Slowdive al Primavera Sound 2014
Laggiù, gli Slowdive al Primavera Sound 2014

Se nel 2014 la reunion degli Slowdive al Primavera Sound di Barcellona è stata accolta da migliaia e migliaia di ventenni dagli occhi sgranati che conoscevano ogni nota e ogni parola, non è stato solo per l’esplosione ritardata ma intensissima di Souvlaki  – all’epoca ignorato, in seguito venerato. In un certo senso va riconosciuto il giusto merito a tutte quelle piccole – ma grandi – band che in giro per il mondo hanno tenuto vivo questo sentimento unico che si chiama shoegaze: sono state loro ad aver colmato un vuoto ventennale, preparando di fatto il terreno al ritorno dei re.

Adesso però che tutti o quasi i gruppi di un tempo sono tornati per raccogliere gli onori, la scena shoegaze di seconda generazione ha davanti a sé una sfida interessante: il confronto non è più con dei sovrani in esilio, non c’è più nessuna attesa da scandire e nessun eroe da evocare. Inoltre, l’attenzione mainstream per lo shoegaze ha toccato il suo punto più alto quest’anno grazie agli Slowdive e ai Ride. Qualcuno insomma – i più nostalgici, i più distratti, i più annoiati – potrebbe ritenersi soddisfatto: missione compiuta, torniamo a casa. Ma è davvero così?

Io credo di no

Questo blog proverà a fare il punto della faccenda sullo stato di salute dello shoegaze in giro per il mondo, cercando di intercettare ottima musica che viene trattata a volte in maniera clandestina. Ci sarà ovviamente molta Italia, partendo da quella scena arrembante raccontata l’anno scorso su Rockit. In questi mesi il sito affronterà un lungo rodaggio, ma già adesso ci sono un bel po’ di dischi belli da raccontare e ascoltare. (Peraltro, l’avviso è d’obbligo: ho un concetto assai ampio di shoegaze e non mi occuperò solo di band di stretta osservanza). Lo shoegaze è uno stato della mente, prima che un suono.